Illustrazione artistica sul devastante impatto che ha creato la nostra Luna. Una nuova ricerca suggerisce che l’origine della Luna si sia verificata prima di quanto finora ritenuto (Illustrazione: Dana Berry per National Geographic)

Gli studi sull’origine della Luna aggiungono nuovi tasselli a cadenze pressoché regolari, soprattutto per la difficoltà di verificare le ipotesi teoriche con gli esperimenti a terra. Finora, si riteneva che il sistema solare si fosse formato circa 4,56 miliardi di anni fa e che la Luna si fosse formata circa 150 milioni di anni dopo. Ora, uno studio recentemente pubblicato su Nature Geoscience anticipa questa data di circa 100 milioni di anni, ponendola a 4,51 miliardi di anni fa, e cioè “solo” 50 milioni di anni dopo la formazione del sistema solare.

Quello che sappiamo, o meglio, il modello che meglio si adatta a tutte le evidenze sperimentali raccolte finora, è che la l’origine della Luna è dovuta ad un gigantesco impatto, avvenuto non in maniera piena ma quasi di striscio, che ha coinvolto la nostra proto-Terra ed un pianeta delle dimensioni di Marte. Dagli avanzi e dai detriti di questa collisione, rimasti per la maggior parte in orbita intorno al nostro pianeta, che tra i due corpi coinvolti era quello di massa maggiore, si sarebbe formata, per coalescenza e raffreddamento di quest’oceano di rocce fuse, la nostra Luna. Queste rocce fuse, di vari tipi, hanno “imprigionato” le informazioni di quel tempo e di quell’impatto, e ancora oggi possono essere raccolte e riportate a Terra per essere studiate.

Una simulazione ricostruisce la cosiddetta “teoria dell’impatto gigante”, secondo la quale nelle fasi iniziali di formazione del nostro pianeta, un corpo delle dimensioni di Marte ha impattato pressoché di striscio la proto-Terra, provocando la formazione della nostra Luna (Fonte: BBC TWO)

I ricercatori si sono concentrati proprio, in barba a chi non crede che sulla Luna ci siamo effettivamente stati, sulle rocce riportate dalle varie missioni Apollo, compresa la missione Apollo 11 che festeggia proprio in queste settimane i 50 anni dalla prima, storica, passeggiata di Armstrong ed Aldrin. Queste rocce, soprattutto le più scure, contengono elementi molto rari quali afnio, uranio e tungsteno. Gli isotopi di questi elementi, soprattutto i primi due, decadono in maniera molto precisa e prevedibile, per cui, misurandone i rapporti relativi, è possibile calcolare con molta accuratezza l’età dei campioni.

L’emivita dell’isotopo afnio-182, ad esempio, è di poco meno di 8,9 milioni di anni, poiché decade con un doppio decadimento beta- (beta meno) prima in tantalio-182 e quindi, in poco meno di 4 mesi, in tungsteno-182. Il sistema di decadimento afnio-tungsteno si considera un ottimo rilevatore per tempi scala di 45/50 milioni di anni circa, poiché si ritiene che tale decadimento radioattivo sia durato nel sistema solare solo per i primi 60/70 milioni di anni (poiché dopo tale periodo tutto l’afnio-182 presente è appunto decaduto). Combinando quindi le evidenze sul decadimento Hf-182/W-182 nei campioni di roccia lunare delle missioni Apollo con quelle derivate da esperimenti a terra, si è quindi concluso con molta precisione che la Luna ha cominciato a solidificarsi in un periodo molto vicino ai 50 milioni di anni dalla nascita del sistema solare.

Qual è l’importanza di questo studio?
Siccome tali esperimenti non sono possibili con campioni di roccia terrestre, vista l’estrema attività geologica del nostro pianeta, l’unica fonte per ottenere dati precisi e “puri” di tempi così lontani è il nostro satellite. L’origine della Luna – racconta uno dei ricercatori coinvolti nello studio – è, infatti, l’ultimo grande evento su scala planetaria avvenuto dopo la formazione della Terra, e aver determinato con precisione l’età della Luna ci permette di avere una finestra temporale ben precisa, un importante vincolo temporale, per l’età della nostra Terra.