Davvero la nostra cultura “europea” e “italica” non ha nulla a che fare con le celebrazioni di Halloween?
In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza sulle origini di questa festa e sul suo impatto sulle tradizioni di varie zone d’Italia.

Quando si scrive, che sia un romanzo o un semplice post sui social, è buona norma non “spoilerare” il finale, per non far perdere interesse alla lettura. Su questo argomento, però vorrei fare il contrario, ovvero proprio spoilerare il finale: Halloween non è un’americanata! Ecco, l’ho detto, ma confido in chi, oltre allo spoiler, vuole conoscerne le motivazioni.
Ebbene, la festa di Halloween è stata importata negli States con le ondate migratorie succedutesi tra la prima metà dell’800 e la prima metà del ‘900, quando si stima (per difetto) che oltre 50 milioni di europei attraversarono l’Atlantico diretti nella terra della speranza. Insieme a queste ondate si sono mosse anche cultura e tradizioni, e insieme ad esse, quella che sarebbe diventata l’Halloween che conosciamo oggi. E ciò soprattutto grazie agli Irlandesi (ma non solo), che migrarono in massa a metà ‘800 (la irish diaspora) in seguito alla cosiddetta grande carestia delle patate.

Alle origini, Halloween era una festività pagana, celtica per la precisione, e si celebrava come rito di passaggio dall’estate all’inverno in uno dei due periodi dell’anno in cui questi veri e propri riti propiziatori, in un certo qual modo esorcistici, venivano celebrati dagli antichi Celti. Servivano sostanzialmente a “scongiurare la paura” che ingenerava la stagione invernale, buia, fredda, in un certo senso la paura che la natura morente non si riprendesse più. E qui veniamo alla postilla: quello appena riassunto è un tema molto caro a tutte le culture antiche, culture che facevano delle “colture”, dell’agricoltura, il loro sostentamento. Ma non è solo questo il tema: Halloween è una festa fortemente connessa alla morte in senso generale, non solo della natura, un culto della morte e dei morti che è comune a tutti i gruppi umani, che hanno creato il loro “tempo”, il loro “giorno dei morti”, una finestra temporale in cui è possibile il dialogo, il contatto, un ritorno, una commistione di mondi.

I CELTI

Quella celtica è stata una variegata popolazione indoeuropea sviluppatasi tra l’età del bronzo e l’età del ferro, quindi molto antica. La si colloca più o meno intorno all’anno mille a.C., tremila anni fa dunque, ma alcuni storici la datano addirittura intorno al III millennio a.C., con le migrazioni indoeuropee dall’Asia. Si diffuse ampiamente in Europa settentrionale, occidentale, orientale, in Anatolia, anche in Italia settentrionale e centrale. Basti ricordare il sacco di Roma da parte dei Senoni, intorno alla fine del IV secolo a.C., Senoni che si insediarono nella regione delle attuali Marche ed Umbria e che, con quelli più a nord della penisola italiana, principalmente Emilia Romagna, Piemonte, Val d’Aosta e Lombardia, ma in generale tutto il centro-nord, sono conosciuti come Galli Cisalpini. Un esempio su tutti è costituito dalla zona del Piccolo e del Gran San Bernardo, in cui sono stati trovati numerosissimi segni della loro presenza, tra monete e collane.

Guarda il video “Halloween, un’americanata?” direttamente dal canale YouTube di Mitiche Stelle, per conoscere informazioni più approfondite e dettagliate sull’origine della festa di Halloween e sui riti e le usanze relativi al periodo tra Ognissanti ed il giorno dei morti!

Pensate che in uno stagno nel Plan de Joux sono state trovate centinaia di monete gettate lì dai viandanti per buon augurio, come si fa ancora oggi in famose fontane, come quella di Trevi. Gettare una moneta affinché si possa ritornare… quale migliore augurio di un viaggio sicuro in cui non ci accada nulla e ci permetta, per l’appunto, di ritornare?
Ed ecco che abbiamo messo insieme i Celti, gli “inventori” di Halloween, con il territorio italiano, alla faccia di chi sostiene che certe tradizioni non hanno alcunché di “italico”. Si ritiene che tra il IV ed il III secolo a.C. i Celti rappresentassero la popolazione più diffusa in Europa, e con essa la loro lingua e le loro tradizioni, mentre i prodotti della fitta rete di scambi commerciali con le altre popolazioni ne hanno diffuso vestigia e manufatti in un’area ancora più vasta. Converrete quindi che parlare di “americanata” per una festa di origine celtica non solo è fuori luogo, ma rappresenta il fondo di un pozzo culturale veramente abissale…

SAMHAIN / SAMONIOS / HALLOWEEN

I Celti non si fecero molti problemi a dividere l’anno in stagioni. Lo divisero semplicemente a metà, estate e inverno. Solo due stagioni, che quindi prevedevano due date divisorie, intorno al primo novembre ed intorno al primo maggio. In queste date venivano celebrati dei “riti di passaggio”: quello di Samhain (scritto Samhain ma pare si pronunci in gaelico so-uinn – dalle popolazioni celtiche delle isole – o Samonios per i Celti dell’Europa continentale; qui terremo per comodità la versione Samhain come i Celti irlandesi, avendo già dato loro la colpa di tutto…).
Samhain capitava nel periodo intorno al 1° novembre, a seconda delle oscillazioni del calendario lunare, che è facile intuire non essere un calendario fisso. Il rito di passaggio di Beltaine avveniva invece intorno al primo maggio. Vi erano anche due festività minori, Imbolc e Lughnasadh, rispettivamente il primo febbraio e il primo agosto, il che portava a quattro le feste celtiche importanti, ognuna più o meno a metà strada tra solstizi ed equinozi.
I Celti avevano un complesso sincronismo tra calendario lunare e solare, e quindi riuscivano a stabilire con assoluta precisione le date delle loro due citate festività principali, anche perché nello stabilire la data esatta, i Druidi – i sacerdoti celti – erano soccorsi dalle loro grandi cognizioni astronomiche, riconosciute dallo stesso Cesare.

La costellazione dello Scorpione

La costellazione dello Scorpione fotografata dal celebre Akira Fujii.

La festività di Samhain avveniva sempre in una data in cui il Sole si trova nella costellazione dello Scorpione ad una declinazione negativa di -15°. E, nota importante, in un periodo in cui le Pleiadi sono in opposizione. Cosa vuol dire? Vuol dire che in questo periodo dell’anno l’ammasso delle Pleiadi, così caratteristico ed alto queste notti nei pressi della costellazione del Toro, è esattamente dal lato opposto del cielo rispetto al Sole. Samhain cadeva a metà tra l’equinozio d’autunno e il solstizio d’inverno, e gli antichi Celti sapevano esattamente quando era quel momento: quando le Pleiadi culminavano a mezzanotte. Oltre quanto appena detto, si ritiene che per la determinazione del periodo preciso di questa festa e delle altre tre durante l’anno, i Druidi si aiutassero con le levate eliache di Antares, Aldebaran, Sirio e Capella, cioè valutassero quando, nel corso dell’anno, queste quattro stelle sorgessero appena prima del sorgere del Sole.

LA FESTA DI SAMHAIN

Il nome Samhain deriva da Sam, estate, e Hain, tramonto, tramonto dell’estate – o morte dell’estate – e gli scozzesi e gli irlandesi che ancora oggi abbracciano il gaelico, utilizzano ancora questo termine per indicare il mese di novembre.
Cosa si festeggiava, dunque… Ebbene, questa festività rappresentava il passaggio dal semestre luminoso al semestre buio, dalla luce all’oscurità. Le notti vanno allungandosi, arriva il freddo, la natura “muore” se così possiamo dire, e con questa festa si celebrava l’unione tra la parte di anno luminosa e la parte di anno buia, un’area grigia, non netta, in cui era possibile anche l’unione tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti. Una sovrapposizione di mondi, quindi, di dimensioni parallele, durante la quale i morti potevano tornare a camminare sulla terra, ma non come gli zombie di una certa cultura horror, e neanche come fantasmini alla Casper, ma come anime, spiriti in stato di felicità, di giovinezza. La commistione tra mondo dei vivi e mondo dei morti che si soleva far rivivere in questi riti è ovviamente simbolica, un modo per rigenerare l’anno, un passaggio tra tempo vecchio e tempo nuovo: tutti i fuochi andavano spenti per simboleggiare l’arrivo del periodo oscuro e, attraversata l’ora del cambio di stagione, questo momento magico di apertura delle porte di comunicazione tra la dimensione reale, dei viventi, e la dimensione dell’eterna estate, quella degli spiriti dei morti, i Druidi accendevano con caratteristiche danze e cerimonie l’unico fuoco sacro, il Fuoco Nuovo, simbolo appunto di speranza, della rinascita dell’anno, di ritorno alla vita, oltre che faro, guida per le anime. Si tornava poi a casa con una fiammella del fuoco sacro, spesso trasportata in una rapa intagliata o una cipolla intagliata, con la quale accendere la fiaccola sacra del focolare domestico, da tenere accesa per l’inverno. Si tornava a casa, inoltre, vestiti delle pelli degli stessi animali sacrificati, al fine di esorcizzare gli spiriti, e si usavano queste pelli anche nelle tre sere successive.
Una piccola parentesi riguarda l’uso della zucca, forse la vera e propria “americanata” in tutta questa storia: quando gli Irlandesi migrarono in massa negli Stati Uniti, non vi trovarono le rape, ed utilizzarono le zucche come custodia, lanterna, per il loro simbolico fuoco sacro.

Samhain era in buona sostanza una festa in cui l’intera comunità contadina festeggiava il raccolto appena terminato, stivava le carni e tutto il cibo in preparazione del lungo, buio e freddo inverno, l’ultima “comunione”, l’ultima “riunione” (altro significato che può assumere il termine Samhain), prima del grande freddo. E ora ditemi, sinceramente: chi di voi non ha mai partecipato ad una festa o ad un falò di fine estate? Diciamo che avete sempre festeggiato Halloween, ma senza saperlo 🙂 Ma c’è di più…
La festività di Samhain, al contrario di quanto avviene oggi, non durava una notte sola, ma diverse notti a cavallo della notte del primo novembre. In un’antica iscrizione rinvenuta sul celebre calendario celtico di Coligny, ritrovato a fine ‘800 nei pressi della cittadina a nord dell’attuale Lione, si legge Trinoxsamo(sindiv – trinoxtionSamonisindiu, ovvero “la festa delle tre notti di Samonios comincia oggi”). Tale festa durava dunque per lo meno tre notti, ma ci sono fonti che arrivano a sette o addirittura a quindici notti.

Calendario celtico di Coligny

Il calendario di Coligny, epigrafe in lingua gallica incisa in caratteri latini su tavola in bronzo (fine II secolo d.C.), rinvenuto nel 1897 a Coligny, nei pressi di Lione, e contenente un antico calendario gallico.

“Va anche detto che per i Cristiani, il culto dei morti ha una durata ben più lunga, prendendo in un certo senso tutto il periodo dell’avvento, fino al Natale, la vera rinascita, e anche oltre fino all’Epifania, il cosiddetto ciclo del dono, antropologicamente parlando, un periodo di transizione in cui il dialogo con l’aldilà si fa più intenso, si fa più intensa la riflessione indotta dalla mortalità, e sono più frequenti i culti del fuoco (della luce) e lo scambio di doni, come per il dolcetto-scherzetto di Halloween, i regali di san Nicola, quelli di santa Lucia, di Babbo Natale, di Gesù Bambino, della Befana…”

Giovanni Gugg

Antropologo

E veniamo alle dolenti note…
Come immaginerete, una festa in cui si propizia una commistione tra aldilà e aldiquà non poteva essere certo vista di buon occhio dai cristiani, per i quali c’è una netta separazione tra mondo dei vivi, mondo dei morti, resurrezione nel regno che verrà, eccetera eccetera.
E sappiamo anche come il Cristianesimo non sia mai stato tollerante con idee cosmogoniche diverse dalla sua, per cui i Druidi, dopo l’arrivo del Cristianesimo dalle loro parti, furono costretti a continuare di nascosto le celebrazioni della loro credenza di due mondi collegati tra loro da porte che potevano essere aperte in questi particolari periodi dell’anno, i cosiddetti sidh, i Tumuli, come Brugh na Bòinne a Newgrange o in genere le cosiddette faerie hills, le colline fatate.

Halloween tra passato e presente

Vuoi ascoltare il contenuto di questo articolo con altri approfondimenti? Puoi trovarlo su Spreaker e su tutte le piattaforme di podcasting. Per questo podcast, come per il video precedente, ringrazio l’amico Giovanni Gugg, antropologo, per la sua review ed i preziosi consigli.

In Irlanda, la festività di Samhain, questo rito di passaggio, ha resistito per millenni anche grazie al fatto che l’isola riuscì a sfuggire per più tempo di altri territori alla conquista romana, fortuna che invece non ebbero tutti gli altri domìni celtici. Ha resistito molto bene anche il “sincretismo cristiano”, l’abitudine cioè di “sequestrare” miti, festività ed eventi pagani per rileggerli e reinterpretarli sotto una luce monoteistica e cattolica. Alla fine, pare che siano stati proprio monaci cattolici irlandesi dell’alto medioevo a fissare al primo novembre del nostro calendario solare la festività di All Hallows Souls (tutte le anime santificate, glorificate), o All Hallows’ Eve (vigilia di tutti i santi), un nome che ha subìto poi ulteriori contrazioni linguistiche e fonetiche che, come avrete certamente udito, perdurano anche oggi con il definitivo Halloween. Intervennero, successivamente, ben due Papi, Gregorio, III e IV, nell’VIII e IX secolo d.C., ad istituzionalizzare nel primo novembre il giorno di Tutti i Santi, che prima si celebrava a metà maggio… Visti i richiami al mondo dell’aldilà, poi, circa 150 anni dopo papa Gregorio III, per rendere più “appetibile” la conversione, vi piazzò immediatamente a ridosso la commemorazione dei defunti.
1 e 2 novembre, tutti i Santi e commemorazione dei defunti, il delitto perfetto…
Ora, in tutto quanto esposto, dov’è il diavolo? Dov’è il culto del satanico? Dove sono le messe nere in una festa che è la celebrazione stessa della speranza? I Celti delle isole, inoltre, non credevano al diavolo, non credevano ai demoni, per cui quella del satanismo è addirittura l’interpretazione più lontana dal vero significato della festività di Samhain. Una spiegazione potrebbe venire proprio dal nome: la differenza tra “All Hallow’s Eve”, contratta in Halloween, e “All Allows even” contratta in Hallow e’en, è minima a livello di pronuncia, quasi indistinguibile, ma il senso cambia totalmente: da notte delle anime santificate a notte in cui tutto è permesso, capirete che la differenza è sostanziale. Il gioco dev’essere stato dunque facile per chi era in malafede…

SAMHAIN IN ITALIA

E in Italia? Cosa succedeva – e in certi casi cosa succede ancora – durante la festa di Samhain? E’ o non è una festa completamente avulsa dall’Italica tradizione?
Prendiamo ad esempio alcune zone del Friuli-Venezia Giulia, in cui ancora oggi si celebra la festa di Seima (quanto vi ricorda Samhain?), una festa anch’essa basata sul fuoco su cui si fa ardere un fantoccio, e che rappresenta il rito di passaggio, simbolico, propiziatore, da anno vecchio ad anno nuovo durante il capodanno. Tale usanza è diffusissima in Italia, da nord a sud (cito ad esempio il “ciuccio di fuoco” napoletano, che rivive ancora a Sorrento) e la tradizione di rinnovare i lumini nel giorno dei morti (Sardegna, Campania e sud in generale, a Roma, in Abruzzo…), o le tantissime usanze contadine di gettare le ossa del bestiame macellato sulle fiamme, spegnendo e riaccendendo ogni focolare con la fiamma del falò principale. O di lasciare porte e finestre aperte per consentire ai defunti, nel giorno dei morti, di ritornare ed entrare nella loro casa, ponendovi come guida una candela (o lo stesso focolare, come in Trentino) e lasciandovi cibarie e tavole imbandite (Piemonte, Val d’Aosta, Trentino, Abruzzo, Basilicata, Sardegna), acqua (ad esempio in Lombardia, in Friuli…), olio. Senza contare tutte le declinazioni di “ossi – e ossa, a seconda della regione – dei morti”, “stinchetti dei morti”, “ben dei morti”, che sono biscotti o dolcetti in genere o preparazioni a base di fave e castagne, che si distribuiscono ai bambini durante la notte della commemorazione dei defunti, come in Umbria, in Veneto, in Lombardia, Abruzzo, Sicilia (i celebri pupi di zucchero). Qui, come in Sardegna, in Liguria e in altre zone, la mattina del giorno dei morti, i bambini vanno di casa in casa a cercare il cesto che i morti, la notte precedente, hanno riempito di doni o a chiedere offerte per i morti, ricevendo anche in questo caso beni di stagione come pane, castagne, mandorle, uva passa, dicendo una preghiera che aiutasse i morti a restare meno del necessario in Purgatorio. O, ancora, i “mortarielli” o “morticielli” di alcune zone della Campania, tra cui la penisola Sorrentina?

E dunque: Halloween ha o non ha a che fare con le nostre culture e tradizioni più profonde?