Grazie ai dati dei satelliti GRaCE è stato possibile ritrovare un enorme cratere in Antartide. Il devastante impatto che l’ha originato può essere stato la causa dell’estinzione del Permiano?

Strano destino quello dei dinosauri. Se il ritrovamento del cratere di Chixchulub nello Yucatan messicano mette fine alla diatriba sulla loro estinzione ascrivendola alle conseguenze dell’impatto di un corpo extraterrestre, una nuova scoperta pare indicare che un altro impatto extraterrestre di proporzioni mai riscontrate finora sul nostro pianeta, e a cospetto del quale lo stesso Chicxchulub sembra poco più che lo scoppio di un rumoroso petardo, sia stato l’artefice della loro comparsa sulla Terra. Nati da un impatto e da un impatto estinti, strano davvero…

La nuova scoperta, un cratere di proporzioni gigantesche, si deve ai due satelliti gravimetrici GRaCE (Gravity Recovery and Climate Experiment), che operano alla ricerca di anomalie nella crosta terrestre note come MasCon (concentrazioni di massa), zone cioè a gravità molto più elevata delle circostanti. La causa che porta alla formazione di tali concentrazioni è simile a quelle che hanno portato alla formazione dei mari lunari: un impatto sulla crosta superficiale la indebolisce e provoca la formazione di fratture attraverso le quali il magma dal mantello sottostante, più denso, si porta in superficie, riempiendo in parte il cratere e solidificandosi. Ebbene, misure aeree combinate con le analisi dei satelliti GRaCE hanno permesso di circoscrivere, sotto il ghiaccio della Terra di Wilkes, nella zona orientale dell’Antartide, subito a sud dell’Australia, una MasCon circolare di circa 480 km di diametro, circa il doppio del cratere messicano. Un ulteriore dato in grado di chiarire la fenomenale portata dell’evento è la dimensione del corpo impattante, ricavata dal diametro del cratere: mentre per l’evento del Golfo del Messico le stime indicano un corpo dal diametro compreso tra 10 e 18 km (la stima varia a seconda della densità del corpo, e quindi della sua natura, cometaria o asteroidale), per l’evento antartico il diametro sale ad almeno 50km!

Il cratere da impatto in Artartide, risalente all'inizio del Permiano, che potrebbe aver dato il via al dominio dei dinosauri

Immagine radar delle terre nell’Antartide orientale. Le terre a maggiore elevazione sono rese in rosso e bianco. Il cratere di Wllkes è evidenziato con un cerchio e, per paragone, viene riportata anche la dimensione del cratere di Chixchulub. In basso a destra il riquadro mostra la posizione relativa di Antartide e Australia al tempo del presunto impatto.
(Fonte: Ohio State University).

L’interesse che tale ritrovamento ha suscitato tra gli scienziati è ulteriormente stimolato dal periodo a cui le misurazioni fanno risalire il cratere, e cioè circa 251 milioni di anni fa. Questa data è di straordinaria importanza per la storia della vita sulla Terra, poiché corrisponde all’inizio della più colossale estinzione di massa che il nostro pianeta ricordi, quella della fine del Permiano. Questa estinzione, che ha cancellato dalla faccia della Terra il 90% delle specie marine e il 70% di quelle terrestri spalancando le porte al dominio dei grandi rettili per i successivi 185 milioni di anni, è uno dei più grandi rompicapi per i paleontologi, sia per il numero impressionante di specie coinvolte che per l’estrema velocità (poco meno di un milione di anni) con la quale si è svolta. La recente scoperta dei satelliti GRaCE, se confermata, potrebbe dare un decisivo contributo al dipanamento della complicata matassa.

Ma essere cauti nel commentare i nuovi dati è, oltre che la normale prassi scientifica, anche una questione di semplice buon senso, in quanto la ricostruzione di eventi così lontani nel tempo è sempre difficoltosa e spesso non lesina sorprese. E numerosi sono gli scienziati che si oppongono alla teoria dell’impatto come causa dell’estinzione del Permiano. Proprio in quel periodo, infatti, avveniva sulla Terra il più grande fenomeno vulcanico di cui si abbia traccia nella storia geologica del pianeta, quello che ha dato origine alle cosiddette Siberian Traps, cioè la copertura lavica di una regione nelle steppe siberiane che oggi ammonta a circa 2 milioni di km2 ma che al massimo del fenomeno ha raggiunto i 7 milioni di km2 di estensione. La regione circolare ritrovata in Antartide, per questi studiosi, potrebbe non essere altro che un fenomeno simile a quello siberiano, e non per forza un cratere. Inoltre, un vulcanesimo di tale portata avrebbe giocoforza immesso in atmosfera un’enorme quantità di gas nocivi, tra i quali anidride carbonica e anidride solforosa, che potrebbero aver avuto il duplice effetto di creare un consistente effetto serra sulla Terra e di alterare il pH e il contenuto di ossigeno dei mari e degli oceani, agendo sia sulle specie terrestri che, più drasticamente, su quelle marine. Tanto più, si fa notare, che nelle Montagne Transantartiche circostanti la zona e coeve all’evento pare non ci sia alcun segno delle ingenti quantità di materia che un impatto di quel genere avrebbe dovuto vaporizzare o proiettare in atmosfera.

Sta di fatto che l’ipotesi dell’impatto è sempre altamente suggestiva e che ricerche più dettagliate in loco potranno o no confermarla, così come accadde per quella dell’impatto dello Yucatan, inizialmente reputata poco più che una boutade fantascientifica, ma confermatasi poi come un episodio drammaticamente reale. E poi, fanno notare gli studiosi, può essere solo una coincidenza il fatto che la linea di frattura tra Antartide e Australia, che si separeranno un centinaio di milioni di anni dopo, passi solo a qualche miglio dalla Terra di Wilkes?

(Piter Cardone – Pubblicato su “Le Stelle”, n. 45, novembre 2006, pag. 20)