La cometa C/1994 S4 Linear frammentata ripresa dall’Hubble Space Telescope (fonte: Space Telescope Science Institute)
Eros è un asteroide che sembra, a molti mesi dall'”asteroidaggio” della sonda NEAR, riservare ancora sorprese. Le immagini raccolte durante l’anno nel quale la sonda NEAR gli ha orbitato attorno hanno mostrato un corpo molto elongato (34xllxll km) ed una massa di (6.687 ± 0.003) x 1012 tonnellate (la sua velocità di fuga varia tra i 3 ed i 17 metri al secondo), con una superficie per la maggior parte coperta da crateri di diametro inferiore al km (in media, 600 metri).
Certo, ci sono le eccezioni, come un grande cratere dal diametro di oltre 5 km e la depressione di circa 10 km che sembra risalire ad un impatto catastrofico molto antico, visto il suo alto grado di erosione. Le indagini spettroscopiche hanno dato i risultati che ci si aspetterebbe per una condrite (Eros è un asteroide classificato di tipo S) e la sua densità, valutata in 2.67 grammi per cm3 implica una struttura interna con un grado di porosità variabile dal 10 al 30%.
Per quanto concerne la composizione mineralogica, Eros è un corpo povero in alluminio mentre i rapporti magnesio/silicio, alluminio/silicio, calcio/silicio e ferro/silicio confermano la sua classificazione; le analisi effettuate con il NEAR Laser Rangefinder, poi, mostrano una sensibile deviazione tra il centro di massa valutabile dalle immagini dell’asteroide e quello effettivamente misurato, il che indica chiaramente un piccolo discostamento da una struttura interna omogenea.
Quello che comunque attrae l’interesse dei ricercatori è la peculiare morfologia dell’asteroide, cioè il fatto che su di esso si riscontrino caratteristiche geologiche molto diverse tra loro; Eros, infatti, da un lato (Shoemaker Regio) è chiaramente ricoperto da blocchi di roccia anche di notevoli dimensioni (anche fino a circa 100 metri), mentre dall’altro presenta un tipo di terreno che, alla risoluzione di 1,2 centimetri per pixel, pare assolutamente liscio. Analisi approfondite di questa regione hanno portato a stabilirne con certezza un’origine sedimentaria, con la sedimentazione dovuta ad un meccanismo, quello del trasporto fotoelettrico, che a detta degli stessi ricercatori è ancora incompreso.
Altri ricercatori sostengono invece che il fenomeno sia abbastanza semplice da immaginare: fini polveri che ricoprono la superficie dell’asteroide potrebbero essere “caricate” elettrostaticamente dall’azione della luce solare, soprattutto nella zona del terminatore, e “levitare”, spostandosi da zone a più bassa gravità verso quelle in cui l’attrazione gravitazionale è maggiore. Tale fenomeno sarebbe stato già osservato sulla Luna (missioni Apollo e Surveyor).
Per quanto concerne la zona ricca di blocchi di roccia, invece, lo stesso gruppo di ricerca della Cornell University invoca una spiegazione meno esotica: si tratterebbe, infatti, di ejecta derivati da un impatto relativamente recente che avrebbe formato un cratere di circa 7.6 km; gli ejecta risalenti ad impatti precedenti, infatti, risultano molto più erosi e semisepolti dalla regolite.
(Piter Cardone – Pubblicato su “AstroEmagazine” n. 20, Ottobre-Novembre 2001, pag. 13)