Fossili di rudiste risalenti al periodo Campaniano, nel tardo Cretacico superiore
Che in un lontano passato la Luna sia stata molto più vicina al pianeta Terra è cosa risaputa. Lo stesso modello di formazione del nostro satellite, il più accreditato. prevede che esso si sia formato per coalescenza dei detriti di un catastrofico impatto tra la Terra ed un pianeta delle dimensioni di Marte avvenuto molto presto nella storia evolutiva della Terra, 4,51 miliardi di anni fa.
Ma a che velocità si è allontanata la Luna? E questa velocità è sempre stata costante nel tempo o sono intervenuti fattori che l’hanno modificata? E se sì, quali?
A queste domande non si è data ancora una risposta certa, ma riassumiamo quanto si sa.
Si sa innanzitutto che la durata di un anno è sempre costante, in quanto si definisce come il lasso di tempo intercorrente tra due passaggi consecutivi della Terra in un dato punto dell’orbita che essa percorre attorno al Sole.
Si sa che la distanza Terra-Luna non è sempre stata costante, e questo è dimostrato sia dalla teoria che dalla pratica.
La Teoria. Nel sistema Terra-Luna, entrambi i corpi si condizionano a vicenda. L’attrazione della Luna (e in piccola parte quella solare, che trascureremo in questo discorso) provoca il fenomeno delle maree, che a sua volta genera un attrito tra le masse liquide e quelle rocciose del pianeta tale da rallentare gradatamente la velocità di rotazione terrestre. Quindi, la Terra impiega più tempo per fare un giro su sé stessa e la durata del giorno aumenta.
Ancora, siccome il rigonfiamento mareale di cui si è parlato prima procede più velocemente della Luna stessa (la Terra compie un giro completo in circa 24 ore, la Luna impiega 28 giorni a ruotare intorno alla Terra) ed esercita anch’esso una forza di attrazione verso la Luna, l’effetto risultante è che questo si “tira” dietro la Luna, dandole una “leggera spintarella” e costringendola di fatto ad accelerare.
Dal punto di vista fisico, infine, dovendo rimanere costante il momento della quantità di moto angolare del sistema Terra-Luna, se la rotazione della Terra rallenta deve necessariamente aumentare il momento d’inerzia del sistema. Quindi, sia per quella leggera spintarella che per questo equilibrio fisico di forze, l’orbita della Luna deve necessariamente allargarsi, cioè deve aumentare la distanza Terra-Luna.
Risultato: la Luna si allontana, il giorno aumenta la sua durata.
La pratica. Con le missioni Apollo, la NASA ha lasciato sulla Luna un bel po’ di strumenti, tra i quali speciali specchi riflettenti. Alcuni di questi specchi furono lasciati dall’Apollo 11 e ancora oggi vengono utilizzati per monitorare la distanza Terra-Luna. Da alcuni osservatori sparsi per il mondo, infatti, viene inviato di tanto in tanto un impulso laser che, riflesso da questi specchi, viene rispedito al mittente. Misurando il tempo di percorrenza del raggio laser è possibile calcolare con estrema precisione la distanza del satellite.
Risultato: da questi esperimenti pratici sappiamo che la Luna si allontana (di 3,82 centimetri all’anno), il giorno aumenta la sua durata.
Questo oggi, ma è sempre stato così?
A destra: Lunar Laser Ranging Experiment dalla missione Apollo 11 (fonte: NASA, Apollo Archive).
Cosa c’entrano i molluschi?
Porzione sud-orientale della penisola arabica, oggi conosciuta come Oman. Siamo nel Cretacico superiore, in un periodo geologico noto come Campaniano, tra 83,6 e 72,1 milioni di anni fa. In acque poco profonde, una fitta scogliera di Torreites sanchezi, un genere di molluschi bivalvi dell’ordine delle Rudiste, viveva la sua vita filtrando la tiepida acqua marina per ricavarne nutrimento. Erano diffuse in tutto il mondo, erano i coralli del Cretacico, per nicchia ecologica.
A causa di un evento tettonico (la regione si trovava nelle vicinanze di una linea di subduzione) questo ambiente caldo e tranquillo fu sepolto e divenne parte della terraferma. Oggi fa parte delle montagne della formazione Jebel Samhan dell’Oman, celebre per la fauna e per il geoturismo, visti gli splendidi affioramenti che la caratterizzano.
Da questo luogo proviene un esemplare di Torreites sanchezi di nove anni che è stato utilizzato da alcuni scienziati delle università belghe di Bruxelles e Ghent per un lavoro pubblicato dalla rivista Paleoceanography and Paleoclimatology.
Un mollusco?
Cosa avrà da dire un mollusco sul momento di inerzia del sistema Terra-Luna?
E’ risaputo che i molluschi depositano lamine di carbonato di calcio nel loro guscio formando degli anelli di accrescimento, un po’ come gli alberi, deponendo lamine annuali (ciclicità climatica), bisettimanali (ciclicità mareale) e giornaliere. Gli scienziati hanno studiato la conchiglia del mollusco bivalve con una nuova metodologia laser, che permette, praticando fori di 10 micrometri (minuscoli, 10 millesimi di millimetro), di analizzare porzioni piccolissime del guscio, tanto piccole da seguire la deposizione giornaliera di queste lamine addirittura 4 o 5 volte al giorno. Una risoluzione così elevata non è mai stata raggiunta, ed ha fornito dettagli senza precedenti sulla vita di questi molluschi.
Probabilmente, le Rudiste vivevano in rapporto simbiotico di reciproco vantaggio con un’alga o un organismo fotosintetico, poiché si è notato che la deposizione era molto più veloce di giorno che di notte, e questa è la prima conferma sperimentale di un’ipotesi di questo tipo. Inoltre, questo tipo di analisi fornisce molte informazioni sull’ambiente in cui questi molluschi vivevano, e i risultati compatibili con i loro ritmi di crescita mostrano che esse vivevano in acque molto calde, con temperature che nel corso dell’anno variavano da un minimo di 30 a un massimo di 40° C, più alte di 2-4 gradi di quanto si ritenesse finora.
Ma la Luna cosa c’entra?
Ebbene, basandosi sulle variazioni stagionali degli “anelli di accrescimento” del guscio, i ricercatori hanno innanzitutto identificato gli anni, quindi hanno contato i giorni: 372!
Come si diceva prima, il risultato non è una sorpresa. Si sa che in passato il giorno era più breve, ma questa misura (372 giorni, ovvero un giorno di 23 ore e 31 minuti), proiettata in uno specifico lasso temporale (70 milioni di anni fa) è in assoluto la più precisa disponibile.
Gli anelli di accrescimento (detti lamine) annuali, quindicinali e giornalieri nella sezione trasversale del guscio della Rudista Torreites sanchezi. Ci sono anelli annuali, anelli bisettimanali associati alle maree e anelli diurni o giornalieri. Le sezioni A, B e C sono mostrate in ordine di età delle coperture, con le parti più a destra di A e B che corrispondono rispettivamente alle parti più a sinistra di B e C (crescita da sinistra a destra).
Le distanze tra i punti rossi rappresentano un anno di crescita (basato su record di isotopi di ossigeno stabili). Le distanze tra i punti azzurri rappresentano fasci di lamine lunghi 0,6 mm associati al ciclo di marea quindicinale. Le singole lamine quotidiane fini sono indicate da linee nere.
Gli inserti mostrano immagini microscopiche delle lamine giornaliere, in gruppi probabilmente collegati ai cicli di marea di 14/28 giorni (fonte: de Winter et al., 2020 – Advancing Earth and Space Science – AGU).
La domanda che sorge ora è: è sempre stato così? O meglio, la velocità di allontanamento è sempre stata costante?
La risposta è no, ed è anche facile capire perché. Risalendo indietro nel tempo e supponendo costante questa velocità di allontanamento, la Luna colliderebbe con la Terra in poco meno di un miliardo e mezzo di anni, ed abbiamo già visto che la sua formazione – per tanti e giustificati motivi – risale a circa 4,2 miliardi di anni fa. Non solo, ma ben prima di collidere, sarebbe stata distrutta dalla gravità terrestre al raggiungimento del cosiddetto raggio di Roche, che per il sistema Terra-Luna equivale a 9500 km.
Ma allora, cosa è successo in questo lasso di tempo? Sono cambiate le maree? Perché questa velocità di allontanamento non è costante? Come e quanto ne è stata influenzata la vita sulla Terra? E il clima?
La risposta a queste domande non è ancora chiara, e gli stessi autori dello studio stimolano altri ricercatori nel mondo a trovare fossili sempre più antichi sui quali ripetere l’esperimento ed ottenere dati più precisi. Combinando questi studi a risoluzione così elevata con i registri paleoclimatici a lungo termine, si avrebbe una comprensione più precisa delle dinamiche del clima terrestre e dell’effetto dei rapidi cambiamenti climatici sull’ambiente.