Rendering della piccola sonda DART in rotta di collisione con l’asteroide Didymos ed il piccolo satellite di quest’ultimo, Dimorphos (Image Credit: NASA)

Double Asteroid Redirection Test (DART). Un nome di certo poco evocativo, ma che da un certo punto di vista riassume in sé molti dei film di fantascienza che avrete sicuramente visto nel corso della vostra vita. Da Deep Impact (un nome che ritroveremo) ad Armageddon fino a risalire al primo film del genere di cui abbia memoria, Meteor (1979), che fu forse il film che da piccolo mi fece innamorare di quel gigante che è stato Sean Connery…
DART, ovvero quattro lettere che provano a rispondere alla domanda: se un asteroide dovesse trovarsi in rotta di collisione con la Terra, saremmo in grado di deviarlo?

L’obiettivo della missione DART

Con la missione DART, la NASA affronta il primo test di difesa planetaria contro il rischio di impatti catastrofici sul nostro pianeta. Per la verità, già una volta una sonda – o meglio, un suo “pezzo, un “impactor” di poco meno di 400 kg – era stata inviata a schiantarsi contro un corpo celeste, la cometa Tempel 1 nel 2005, e la missione fu chiamata per l’appunto Deep Impact. Ma in quel caso l’obiettivo era studiare gli strati più profondi di una cometa facendo saltare via una piccola fetta di superficie, non certo deviare la traiettoria di una “patata” di quasi 14 km x 4 km e dalla massa stimata tra 10 e 250 miliardi di tonnellate…
Non che ci sia attualmente un meteorite in rotta di collisione con il nostro pianeta, sia chiaro, ma è sempre bene tenersi pronti a questo tipo di eventi “globali”, e la NASA lo fa sperimentando la cosiddetta tecnica dell’impattatore cinetico per deviare un asteroide dalla sua orbita. E nel progettare la missione DART, alla NASA hanno fatto le cose per bene, a partire dalla scelta dell’obiettivo. Si tratta dell’asteroide Didymos, che non rappresenta una minaccia per il nostro pianeta e che è uno dei pochi conosciuti ad essere binario, ad avere cioè un compagno (Dimorphos) che gli ruota intorno. Pochi perché, a fronte del milione e passa di asteroidi conosciuti, comprendendo anche i pianeti nani, al gennaio di quest’anno quelli binari sono meno di 500, anche se si stima che tra gli asteroidi, la percentuale di corpi con satelliti sia intorno al 2%. Altri fattori importanti per la scelta di Didymos sono stati il tipo di asteroide (coerente con le condriti L/LL, le più comuni tra le meteoriti raccolte sulla Terra), e con un’orbita favorevole allo studio mediante curve di luce, oltre ad un’ottima caratterizzazione della sua orbita.

L'asteroide Didymos e la sua orbita attorno al Sole

L’orbita dell’asteroide binario Didymos attorno al Sole. Sullo sfondo, le orbite di 2.200 asteroidi potenzialmente pericolosi (credits: NASA / JPL / CNEOS).

L’asteroide 65803 Didymos

Didymos è un sistema binario costituito da un asteroide di circa 780 metri di larghezza attorno al quale orbita un asteroide più piccolo, largo circa 160 metri. E’ classificato come un Near Earth di classe Apollo, ovvero una tipologia di asteroidi la cui orbita ha un semiasse maggiore superiore ad una unità astronomica e un perielio inferiore a 1,017 UA (che corrisponde all’afelio della Terra). Sono quindi potenzialmente pericolosi. Ricordate la meteora di Čeljabinsk, che nel febbraio del 2013 sorvolò l’omonima città russa? Ebbene, era un piccolo asteroide proprio di classe Apollo…
Un asteroide potenzialmente pericoloso è classificato come un asteroide più largo di 140 metri e un’orbita che lo porta entro gli 8 milioni di chilometri dall’orbita terrestre, proprio come l’asteroide Didymos e il suo compagno.

La missione DART è iniziata lo scorso 23 novembre a bordo di un razzo Falcon 9 SpaceX partito dalla base di Vandenberg in California, con l’obiettivo di “centrare”, il prossimo 27 settembre, il piccolo Dimorphos, di “soli” 160 metri di diametro (a fronte dei quasi 800 metri di Didymos), deviandolo leggermente dalla sua orbita. Tra meno di 11 giorni dunque. In vista dell’obiettivo, la piccola DART (circa 500 kg di massa) ha rilasciato 4 giorni fa un microsatellite tutto italiano, LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), realizzato dall’Argotec a Torino. Questo microsatellite sarà il “cronista” della vicenda, riprendendo in esclusiva e da circa 55 km di distanza, tutte le fasi dell’impatto e quelle successive. Giusto un pelo vista la distanza dell’impatto, a circa 11 milioni di km dalla Terra…

COSA SUCCEDERA’ IL 27 SETTEMBRE?

La sonda DART, dalla massa di circa 500 kg (mezza tonnellata, per ragionare con un’unica unità di misura) impatterà contro il piccolo satellite Dimorphos, dalla massa di circa 4,7 milioni di tonnellate, stimata a partire dalla sua densità (circa 2,2 grammi per centimetro cubo). In base alla velocità relativa dei due corpi al momento dell’impatto, valutata in 6,6 km al secondo (che equivalgono a circa 24.ooo km all’ora) si prevede uno scostamento del piccolo satellite dalla sua orbita intorno a Didymos pari a circa 35 mm. Sì, circa 3 centimetri e mezzo, che sembrano niente, ma in caso di un impatto su un singolo satellite in rotta di collisione con la Terra, a quelle distanze equivalgono a scostamenti di parecchi km. La dinamica dell’impatto potrebbe influire anche sull’orbita del più grande Didymos (cambia infatti la quantità di moto del sistema).

L'asteroide Didymos e la sua orbita attorno al Sole

L’impatto della sonda DART contro Dimorphos e la modifica dell’orbita di quest’ultimo attorno all’asteroide Didymos (credits: NASA / JPL / CNEOS, modificata dall’autore).

Alcuni studiosi calcolano infatti che nei prossimi passaggi di Didymos e Dimorphos nei pressi della Terra, previsti nel 2062 (a circa 7 milioni di km da noi) e nel 2123 (a circa 5 milioni di km), l’asteroide risulterà “spostato” di diverse decine di km (circa 90 km per l’incontro del 2062 e circa 60 km per quello del 2123) rispetto alla traiettoria che avrebbe avuto se non avesse fatto la “conoscenza” della sonda DART…

La scelta di un asteroide doppio non è casuale. Colpendo il piccolo satellite, di cui si conosce l’orbita attorno a Didymos, sarà più facile valutare ogni piccolo spostamento che se si trattasse di un asteroide singolo. Nella fattispecie, Dimorphos sarà spinto verso l’asteroide “padre”, avvicinandosi ad esso e quindi, per la terza legge di Keplero, diminuendo il tempo che impiega a ruotare attorno a Didymos di diverse decine di secondi (si ipotizza di almeno 73 secondi, anche se si ritiene probabile una modifica del periodo di rivoluzione di Dimorphos attorno a Didymos tra i 5 e i 10 minuti).
Infine, una piccola curiosità: è probabile che l’impatto del 26 settembre prossimo, generando un bel po’ di polveri e detriti, provochi la nascita di un nuovo sciame meteorico, che potrebbe essere visibile nei prossimi anni sotto forma delle cosiddette “stelle cadenti” ogni volta che la Terra transiterà nelle vicinanze dell’orbita dell’asteroide.

La notte tra il 26 ed il 27 settembre prossimi ne sapremo di più, anche grazie ad un gioiellino tutto italiano.