La Via Lattea, che si diffonde in un ampio arco di luce diffusa attraverso il cielo meridionale, era comunemente considerata dagli Aborigeni come un fiume nel Mondo Celeste in cui le grandi stelle di destra sono pesci e le più piccole stelle bulbi di ninfea. L’oscurità e la chiarezza del cielo notturno permettevano loro di vedere chiaramente ciò che le popolazioni dell’emisfero settentrionale potevano raramente intravedere, cioè le regioni oscure che dividono la Via Lattea meridionale e, in particolare, la regione oscura che gli europei videro per la prima volta quando viaggiarono verso sud e chiamarono il Sacco di carbone, una nebulosa oscura vicino alla Croce del Sud.
Così, mentre lo zodiaco europeo si concentrò sulle costellazioni, ignorando le zone scure del cielo, i miti aborigeni hanno tentato anche di spiegare gli spazi tra le stelle.

A seconda delle tribù, il Sacco di Carbone era il nido dell’aquila dalla coda a cuneo, o una pozza d’acqua circondata dagli eroi del cielo, oppure un torong (un favoloso animale simile al cavallo che si dice viva nei bunyip, pozze d’acqua o laghi), o ancora la barca dei pescatori affogati nel Fiume del Cielo (la Via Lattea).

Per la gente del Kimberley occidentale la macchia scura tra alfa e beta Centauri è Galalang, un eroe ancestrale, e le due piume di stelle del suo copricapo. Il popolo Ngadadjara delle Warburton Ranges nell’Australia Occidentale vide in una lunga fila di macchie scure lungo la Via Lattea, comprese tra alfa Centauri e alfa Cygni, un grande totem fatto da due eroi ancestrali, il Wati Kutjara, mentre accompagnavano le Sette Sorelle.

Il Grande Emù che alcuni aborigeni australiani vedevano nella Via Lattea

Ma quella che ci sembra la più sorprendente delle costellazioni aborigene è il Grande Emu, conosciuto dalla tribù Booring come Tchingal. Si riconosce seguendo le forme delle nebulose oscure che si stagliano contro la brillantezza della Via Lattea. Il Sacco di Carbone rappresenta la testa e il becco di Tchingal, il suo lungo collo è indicato da alfa e beta Centauri e il suo corpo dallo spazio oscuro a poca distanza dallo Scorpione.

Diverse leggende, molte delle quali coinvolgono una lezione morale, si sono evolute in diverse aree per rendere conto della formazione della Via Lattea e delle regioni oscure. Le tribù dell’Australia centrale credevano che la Via Lattea dividesse le persone del cielo in due tribù e quindi servisse ad indicare che anche in terra dovesse essere conservata una simile divisione tra tribù vicine.
Nell’area intorno a Port Bradshaw, nel nord-est di Arnhem Land, tuttavia, la Via Lattea è associata ad un adulterio ed alla successiva vendetta, impiegando quindi un fenomeno naturale come avvertimento contro azioni sbagliate. E’ la storia di Binyu, un giovane cacciatore il cui totem tribale era il corvo, che sedusse le mogli del suo fratello tribale, due sorelle del totem del pesce gatto. Scoppiò una guerra tribale, durante la quale le ragazze e lo stesso Binyu furono uccisi. Ritornato alla sua forma totemica di corvo, Binyu cercò vendetta ancora una volta attaccando le due ragazze (che erano tornate alla forma del pesce gatto) e riuscì a mangiarle, lasciando solo ossa ben pulite. Il marito, indignato, scagliò le luccicanti lische di pesce verso il cielo e queste divennero la miriade di stelle che forma l’arco della Via Lattea. La macchia scura (il Sacco di Carbone) è il corvo e due stelle particolarmente luminose nelle vicinanze sono le due donne pesce gatto, in attesa del loro amante.

Intorno a Yirrkala, la Via Lattea è legata alla leggenda di due fratelli annegati mentre pescavano. I loro corpi, galleggianti nell’acqua, sono due chiazze scure nella Via Lattea nelle costellazioni di Serpens e Sagittario, mentre la loro canoa è una linea di quattro stelle vicino Antares.

Gli aborigeni, la Via Lattea e il mito di Priepriggie

Un’altra versione dell’origine della Via Lattea, viene raccontata nel Queensland come la storia di Priepriggie, un eroe simile a Orfeo, famoso per le sue canzoni, le sue danze e la sua caccia. All’inizio del tempo e degli uomini, le stelle in cielo erano sparpagliate, caotiche, si muovevano di qua e di là senza un ordine, nel pieno caos. Lo stesso facevano gli uomini, tranne quelli di una piccola tribù in una stretta vallata. Ogni sera, dopo aver cenato tutti insieme, Priepriggie intonava canzoni e musiche e tutta la tribù ballava al loro ritmo. La mattina, poi, le donne si occupavano delle piante e delle radici, e gli uomini andavano a caccia.

Priepriggie prendeva un’altra via, una via che lo portò ad un grosso albero dove c’era una moltitudine di grandi pipistrelli. Priepriggie voleva il loro leader, non i piccoli pipistrelli giganti, ma il leader, che da solo poteva sfamare l’intera tribù. E lo vide, appeso all’albero come un ragno e circondato dagli altri pipistrelli. Così costruì una grande fionda sul terreno, vi caricò la sua lancia, e la sparò verso il gigante, colpendolo e inchiodandolo all’albero. I pipistrelli, intontiti dal violento conficcarsi della lancia nell’albero, ruotarono un po’ intorno al leader aspettando che si alzasse in volo, ma quando capirono, si voltarono alla ricerca del cacciatore. Era lì, in basso sul terreno, nascosto dietro la fionda. Subito lo circondarono. Alcuni posero un’ala sul suo mento e sulla sua mascella, volando con quella libera. Altri fecero lo stesso con i capelli, i gomiti, le cosce, le ginocchia e i piedi, fino a che non lo sollevarono in volo e lo portarono su in alto nei cieli. Alla sera, la tribù di Priepriggie lo aspettava, sia per mangiare (era il cacciatore più bravo di tutti) che per danzare e ballare. Na egli non si presentò. La tribù provò quindi a ballare e a cantare, sperando che questo allontanasse la fame e facesse tornare prima il loro Priepriggie. Ma niente, le loro voci e la loro danza erano del tutto scoordinate senza la musica e le canzoni di Priepriggie. Già cominciava a serpeggiare la disperazione, fino a quando una donna non udì un ritmo lontano. Poi tutti cominciarono a sentire anche il suono di una canzone, sempre più chiara, sempre più forte. Si voltarono verso l’alto, da dove il suono ed il ritmo sembravano provenire, me non riuscivano a scorgere Priepriggie. Ma le stelle! Le stelle ora si disponevano in ordine, non andavano più a caso, non volavano più da un capo all’altro del cielo, ora si disponevano in una fila e, al canto e al ritmo di Priepriggie, formavano un’ordinata banda nel cielo. Era nata la Via Lattea…