Illustrazione artistica di un Gamma Ray Burst che brilla tra due galassie nell’Universo primordiale (fonte: ESO / VLT)

Il modello maggiormente accettato per spiegare le esplosioni cosmiche note come Gamma Ray Bursts ipotizza l’emissione di fireballs relativistiche durante il collasso del nucleo di una stella. Tali fireballs, inoltre, sono spesso collimate in jets che producono i GRB che si osservano. La difficoltà di verificare tale modello sta nell’elusività di queste esplosioni dovuta alla loro durata, generalmente tanto breve da non permettere di predispone i telescopi a terra o nello spazio per l’analisi ottica quando un rivelatore (sia esso un satellite o un centro a terra) ne indica uno in atto.

Su Physical Review Letters (87, 171102, 2001), è stato pubblicato uno studio nel quale si teorizza l’emissione di un burst di neutrini antecedente il GRB vero e proprio. Tale modello si basa sull’idea che il jet relativistico, nell’attraversare la stella prima di fuoriuscirne e rivelarsi, possa essere alterato da onde di shock interne alla stella stessa. L’interazione tra i protoni accelerati da tali onde e fotoni X produrrebbe elettroni ad altissima energia (dai 5 TeV in su) e neutrini muonici che sarebbero i veri indicatori del fenomeno in atto e potrebbero essere utilizzati per predirne l’inizio.

Secondo i calcoli degli autori di questo studio, l’osservazione del flash di neutrini dovrebbe essere agevole con rivelatori di neutrini da 1 km3 di volume, proprio come l’esperimento AMANDA attualmente in costruzione. Infine, i ricercatori indicano che il flash di neutrini potrebbe avvenire anche per stelle di grande massa o rotanti molto lentamente, nelle quali il jet relativistico che si osserva come GRB potrebbe non verificarsi perché incapace di fuoriuscire dalla stella e rivelarsi. In questo caso il flash di neutrini potrebbe essere utilizzato anche come indicatore dei cosiddetti GRB “oscuri”, sottraendo al numero di flash di neutrini osservati il numero di GRB che si mostrano agli osservatori mediante jet collimati.

(Piter Cardone – Pubblicato su “AstroEmagazine” n. 21, Dicembre 2001, pag. 12)