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L’acqua sulla Luna non è forse così longeva

Il bordo del cratere Shackleton al polo sud della Luna, probabile obiettivo della missione Artemis della NASA

Spettacolare vista del bordo del cratere Shackleton al polo sud lunare. Questo cratere è il probabile obiettivo della missione Artemis, prevista per il 2024 poiché, mentre nel lato della Luna a noi rivolto nessuna zona è mai illuminata continuamente, tre punti del bordo di questo cratere ricevono continuamente luce per oltre il 90% dell’anno (oltre 200 giorni). Ciò renderebbe più semplice e meno costoso, tra l’altro, il rifornimento energetico di una possibile base. Inoltre, il cratere Shackleton è vicinissimo alle zone più ricche d’acqua scoperte dal Lunar Reconnaissance Orbiter sul nostro satellite (fonte: LROC – NASA/GSFC – Arizona State University).

Circa un anno fa, in un articolo pubblicato su PNAS, alcuni ricercatori confermavano il ritrovamento di notevoli quantità di acqua ghiacciata nella regione del polo sud lunare. Gli strumenti del Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA registrarono infatti picchi di assorbimento infrarosso tipici del ghiaccio d’acqua, e gli studiosi conclusero che entro 20° di latitudine, in entrambi i poli, potessero essere immagazzinate notevoli quantità di ghiaccio intimamente miscelato (si stima tra lo 0,5% ed il 2% per unità di massa) con la regolite lunare, solo pochi millimetri sotto la superficie del satellite. I ricercatori conclusero altresì che il ghiaccio accumulato nelle cosiddette “trappole fredde”, ovvero regioni polari permanentemente in ombra in cui la temperatura è sempre inferiore ai -160° C (ad esempio, il fondo dei crateri) e in alcuni punti intorno ai -230/250° C, si potesse far risalire ad un periodo compreso tra i due e i tre miliardi di anni fa, quando la Luna subì uno spostamento del suo asse orbitale che ne ridusse ulteriormente, quasi annullandola (ora è solo 1,54 gradi, contro i 23,5 gradi di quella terrestre), l’inclinazione rispetto all’eclittica.

Lunar Prospector Hydrogen Concentration - South Pole

In questo video vengono mostrate le alte concentrazioni di idrogeno nel polo sud della Luna registrate nel 1998 dallla missione Lunar Prospector della NASA, le prime prove di potenziali depositi di ghiaccio sul nostro satellite (fonte: NASA/GSFC/SVS)

In un nuovo studio condotto dal Goddard Space Flight Center della NASA e pubblicato su Geophysical Research Letters, alcuni ricercatori apportano sostanziali correttivi tale ricostruzione, sostenendo che il ghiaccio accumulato nei crateri intorno ai poli sia molto più giovane di quanto finora ritenuto. Dai calcoli del team di ricerca, infatti, pare che il ghiaccio d’acqua debba avere un’età di poche migliaia d’anni a causa di impatti meteorici (per la maggior parte) e di interazioni con il plasma solare.
La Luna, infatti, non ha atmosfera in grado di proteggere la superficie da questi fenomeni, per cui si ipotizza che, una volta subito l’impatto meteorico o l’interazione col plasma (quest’ultima, visto che il fondo dei crateri non sono mai da essa raggiungibili, avverrebbe per riflessione dalle parti illuminate, come i bordi più alti dei crateri stessi), una minima quantità di ghiaccio possa essere trasportata più lontano, raggiungendo regioni esposte o più calde che ne provocherebbero la perdita per sublimazione. I ricercatori sostengono inoltre che una sonda dotata di strumentazione adatta possa addirittura rilevare una “esosfera” di molecole d’acqua libere attorno alle regioni polari.

A sinistra, spettri di riflessione a varie lunghezze d’onda, confrontati con quelli ottenuti da ghiaccio d’acqua puro (in basso, in blu) e da assenza di ghiaccio (in alto, in nero), dei crateri De Gerlache (d) e Faustini (F).
A destra, mappa lunare che mostra le regioni ghiacciate al polo sud lunare come registrate dagli strumenti del LRO, sovrapponendole ad aree in scala di grigi che mostrano le temperature misurate dallo strumento Diviner a bordo della sonda. Il cratere al centro della mappa è lo Shackleton, mentre a sinistra e a destra sono rispettivamente mostrati i crateri De Gerlache e Faustini.

Comunque stiano le cose, qual è l’importanza di questi lavori? Essa risiede nel fatto che, proprio per verificare – e cercare di sfruttare – la presenza i così grandi quantità d’acqua, la NASA sta studiando una missione umana che dovrebbe raggiungere la zona tra cinque anni, nel 2024. La missione Artemis, questo è il suo nome, dovrebbe portare al polo sud lunare il primo equipaggio umano dai tempi dell’Apollo 17, che lasciò per l’ultima volta la Luna quasi 50 anni fa, nel dicembre 1972. Verificare la presenza d’acqua e sfruttarla, potrebbe avere ricadute enormi sia sui costi delle missioni successive che per progetti più a lungo termine, come la realizzazione di una base lunare permanente (l’acqua potrebbe essere usata per bere, per respirare, produrre carburante e materiali da costruzione, ecc.) e lo sfruttamento della Luna come avamposto per ulteriori esplorazioni del sistema solare.

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